domenica 29 gennaio 2017

PARAFRASI INCONTRO CON CIRCE

Parafrasi incontro con la maga Circe.
Libro X vv. 210-274

[E' il racconto di Ulisse, mentre si trova alla corte di Alcinoo, nell'Isola dei Feaci]

(I compagni) Trovarono lungo la valle le abitazioni di Circe, costruite con pietre squadrate in un luogo protetto: attorno c'erano lupi di montagna e leoni, che lei (la maga) aveva stregato con pozioni magiche. Le bestie non assalirono gli uomini, ma si alzarono in piedi, agitando le lunghe code.
I lupi scodinzolavano agli uomini così come fanno i cani quando il padrone torna dopo un pranzo, perché (sanno) che egli porterà loro dei buoni bocconi; gli uomini ebbero paura quando videro quei terribili animali.
Si fermarono davanti alla porta di Circe, dea dai bei capelli riccioli, sentendola cantare con la sua bella voce, mentre era intenta a ricamare un tessuto straordinariamente bello, come solo le dee sono in grado di fare: sottile, colorato, lucente.
Tra gli uomini prese la parola Polite, il compagno più caro e fidato di Ulisse, dicendo che all'interno c'era una donna, o una dea, che stava cantando in modo sublime mentre ricamava, e di provare a chiamarla.
Detto questo, gli uomini iniziarono a urlare e la dea uscì dopo aver aperto le porte di bronzo e li invitò ad entrare; tutti la seguirono dentro senza sospettare che lei fosse una maga.
Solo Euriloco rimase indietro, perché riteneva che quella fosse una trappola.
La maga li fece accomodare sulle sedie e sui troni, poi mischiò del formaggio, della farina di orzo e del miele con il vino di Prammo, poi vi aggiunse delle pericolose sostanze che facevano dimenticare la patria lontana.
Dopo avergli dato questo cibo, li toccò con una bacchetta e li chiuse in un porcile.
Adesso (gli uomini) avevano le sembianze di maiali: ne avevano la voce, il pelo, l'aspetto.
Ma la loro mente era ancora umana.
Gli uomini, disperati, furono rinchiusi e Circe gli buttò come cibo le ghiande del leccio, della quercia e del corniolo, di cui si cibano normalmente i maiali. (v.243)

Euriloco tornò rapidamente alla nave nera e veloce, per raccontare agli altri compagni quanto accaduto. Però, pur volendolo, non riusciva a parlare a causa del forte dolore che sentiva nel cuore: aveva gli occhi pieni di lacrime e nell'anima una voglia di piangere.
Ma, poiché tutti si stavano arrabbiando con lui, riuscì finalmente a raccontare il destino degli altri compagni: come aveva ordinato Ulisse, si erano addentrati nel folto bosco e avevano trovato belle case lungo la valle, costruite con pietre squadrate in un luogo protetto. Là, una donna o una dea, cantava a voce alta mentre ricamava; allora gli uomini si erano messi ad urlare e lei era uscita immediatamente dopo aver aperto le porte di bronzo e li aveva invitati ad entrare. Gli uomini l'avevano seguita senza sospettare nulla, mentre lui (Euriloco) si era fermato, pensando che potesse essere una trappola. Così furono eliminati: nessuno degli uomini era più tornato, nonostante lui (Euriloco) fosse rimasto a lungo a controllare.
Disse queste cose e Ulisse, dopo essersi messo la spada con le borchie d'argento sulle spalle e l'arco a tracolla, ordinò a Euriloco di condurlo lungo la strada che avevano percorso prima.
Ma Euriloco gli abbracciò le ginocchia per chiedergli di non portarlo di nuovo in quel luogo, ma di lasciarlo lì, perché era sicuro che ne' Ulisse ne' alcuno degli altri compagni sarebbero mai tornati indietro. Anzi, Euriloco suggerì di fuggire subito insieme ai compagni rimasti: in questo modo avrebbero potuto evitare la morte.
Dopo che Euriloco disse questo, Ulisse gli rispose di fermarsi pure a mangiare e a bere vicino alla nave nera e cava, ma lui sarebbe andato a compiere il suo difficile dovere.
Così Ulisse si incamminò, lasciandosi alle spalle la nave ed il mare. (v. 274)









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