martedì 29 novembre 2016

PARAFRASI SOLCATA HO LA FRONTE UGO FOSCOLO

Parafrasi e figure retoriche della poesia di Ugo Foscolo "Solcata ho la fronte"


Solcata ho fronte, occhi incavati intenti;
Crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto;
Labbro tumido acceso, e tersi denti,
Capo chino, bel collo, e largo petto;

Giuste membra, vestir semplice eletto;
Ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti,
Sobrio, umano, leal, prodigo, schietto;
Avverso al mondo, avversi a me gli eventi.

Talor di lingua, e spesso di man prode;
Mesto i più giorni e solo, ognor pensoso,
Pronto, iracondo, inquieto, tenace:

Di vizi ricco e di virtù, do lode
Alla ragion, ma corro ove al cor piace:
Morte sol mi darà fama e riposo.




Parafrasi
Ho la fronte rugosa, gli occhi infossati e penetranti,
capelli rossicci, guance pallide, aspetto fiero,
labbra grosse, di colore acceso e denti bianchi,
il capo chino, un bel collo, il petto ampio;
braccia proporzionate, abiti semplici, ma eleganti;
la camminata veloce, così come i pensieri, i gesti e le parole;
semplice, umano, leale, generoso, sincero;
in aperto contrasto col mondo come il mondo lo è con me;
valoroso sia nello scontro verbale che in quello fisico;
malinconico e solo per la maggior parte del tempo, sempre pensieroso,
pronto, facile all'ira, inquieto, tenace;
dotato sia di vizi che di virtù, seguo la ragione,
ma poi agisco secondo ciò che mi dice il cuore.
Solo la morte potrà darmi fama e riposo.


Forma metrica
E' un sonetto (2 quartine, 2 terzine) di endecasillabi che rimano ABAB  BABA  CDE  CED

Figure retoriche
Anastrofe= v. 1 "Solcata ho fronte" ; v. 10 "Mesto i più giorni e solo" (invece che mesto e solo i più giorni)
Sineddoche= v. 2 "emunte guance"
Ossimoro= v. 5 "semplice eletto"
Parallelismo=v. 9 "talor...spesso"
Latinismi= intento, eletto, umano (concetto di humanitas)
Enumerazione= praticamente tutta la poesia
Enjambement= vv. 13-14 "do lode/alla ragion" sottolinea il conflitto tra istinto e razionalità
Climax=v. 7 "Sobrio, umano, leal, prodigo, schietto" e v. 11 "Pronto, iracondo, inquieto, tenace:"




domenica 27 novembre 2016

OVIDIO RIASSUNTO VITA E OPERE

Vita
Publio Ovidio Nasone nasce a Sulmona (oggi Abruzzo) nel 43 a.C da una famiglia equestre (ceto ricco). Frequenta scuole rinomate sia a Roma che in Grecia, inizia la carriera politica e poi si dedica totalmente alla vita letteraria.
Entra nel circolo di Messalla Corvino e inizia a pubblicare i suoi scritti ottenendo subito grande successo.

Opere età giovanile
Amores (20 a.C.)--> raccolta di elegie erotiche, prima erano 5 libri, ora ne sono rimasti 3
Heroides (15 a.C)---> filone erotico-mitologico (sono lettere d'amore)
Ars Amatoria (1 a.C - 1 d.C)--> 3 libri, poesia didascalica, Ovidio si fa maestro di erotismo.

Opere della maturità
Dall'1 all'8 d.C Ovidio si dedica ad opere più impegnate--> scrive i Fasti, opera eziologica di argomento romano e le Metamorfosi, poema epico-mitologico non pienamente concluso--> perché?.
Perché Ovidio viene colpito da relegatio e inviato a Tomi sul Mar Nero. I motivi della relegatio non sono ancora oggi chiarissimi: Ovidio nelle sue opere di quel periodo parla di 2 colpe: una poesia e un errore. Per la poesia si può pensare all'Ars Amatoria che aveva contenuti ritenuti osceni, ma per l'errore si sono fatte varie ipotesi. La più probabile è che il poeta abbia avuto una relazione con Giulia, figlia dell'Imperatore Ottaviano Augusto (anche Giulia fu allontanata da Roma e mandata alle isole Tremiti).
Ovidio rimase a Tomi per 10 anni, cioè fino alla sua morte avvenuta nel 18 d.C. Non venne mai perdonato e fatto rientrare a Roma, nonostante abbia più volte chiesto la riammissione sia in lettere private (Epistulae ex Ponto) che nelle opere di quel periodo (i Tristia).

Opere minori
Ibis--> poemetto in distici
Medea--> opera perduta
Halieutica--> incerta l'attribuzione



giovedì 24 novembre 2016

RIASSUNTO IL PRINCIPE DI MACHIAVELLI

La data di composizione dell'opera è incerta, forse tra il luglio e il dicembre del 1513.
Sicuramente posteriore è la dedica a Lorenzo de' Medici (1515/1516) e il capitolo finale.

I precedenti
Già nel Medioevo c'erano stati tentativi di definire le caratteristiche che doveva avere un principe, ancora di più questo si verificò nel '400 con l'affermarsi delle Signorie. Lavori come "De Vero Principe" di Battista Platina o "De principe liber" di Giovanni Pontano testimoniano questa tendenza.
Machiavelli da un lato si riallaccia a questa tradizione e dall'altra la rovescia--> Machiavelli non si propone di scrivere le virtù ideali che un Principe dovrebbe avere (clemenza, mitezza, giustizia, fedeltà alla parola data) come avevano fatto i suoi predecessori, ma propone al Principe dei mezzi che possono garantirgli la conquista e il mantenimento del potere. Se le esigenze lo richiedono, dunque, il Principe potrà essere anche non buono, crudele, bugiardo, etc.

Struttura e contenuti del Principe
E' un'opera abbastanza breve: 26 capitoli, con titoli in latino.
Può essere divisa in 6 sezioni-->

  1. capitoli I-XI: Machiavelli illustra vari tipi di principato e i mezzi per conquistarli e mantenerli. Ci sono principati ereditari e altri che possono essere nuovi-->questi ultimi possono essere conquistati o con le virtù, o con le armi proprie, con la fortuna o con le armi altrui. Parla anche di coloro che ottengono il potere con la scelleratezza--> la crudeltà può essere usata bene (e può portare a vantaggi per i sudditi) o essere usata male (e può portare vantaggi solo per il sovrano). Si parla anche dei principati ecclesiastici in cui l'autorità è di tipo religioso.

  2. capitoli XII-XIV: qui tratta delle milizie--> secondo Machiavelli non andavano bene gli eserciti mercenari che allora c'erano in Italia, perché secondo lui combattendo solo per denaro erano causa di debolezza e sconfitta. Per lui la forza di uno stato consisteva proprio nell'avere un esercito forte, costituito dai cittadini armati che combattessero quindi per i propri interessi. 

  3. capitoli XV-XXIII: atteggiamento del principe nei confronti dei sudditi

  4. capitolo XXIV: cause per cui i principi italiani hanno perso i loro stati--> è stato a causa dell'ignavia (indolenza) dei principi, che non hanno saputo prevedere la tempesta futura. 

  5. capitolo XXV: rapporto fra virtù e fortuna--> il politico deve essere in grado di far fronte ai rivolgimenti improvvisi della fortuna

  6. capitolo XXVI: esortazione ad un principe nuovo che sappia porsi a capo del popolo italiano e lo liberi "dai barbari".



martedì 22 novembre 2016

POETICA DEL PASCOLI IN BREVE

Non è possibile comprendere la poetica del Pascoli senza legarla ad alcuni episodi della sua vita che influenzarono profondamente la sua sensibilità e le tematiche della sua opera.

Momenti chiave

Uccisione del padre
Oltre al dolore, questa morte significò anche un abbassamento del livello economico familiare.
Poi ci furono altri lutti nella vita del Pascoli: morì la mamma, la sorella, due fratelli... Tutto questo portò ad una disgregazione dell'unità familiare.
Pascoli potè continuare a studiare grazie all'interessamento di un professore e fu ancora, per qualche anno, un ragazzo sereno.
Il punto di svolta è sicuramente rappresentato dalla detenzione nel carcere di Bologna dove venne rinchiuso per aver partecipato ad una manifestazione socialista (questa esperienza causò anche il suo rifiuto pressoché totale verso l'impegno politico)

Temi dominanti

Vita agreste
Seppur Pascoli visse quasi sempre in città (Bologna, Firenze, Messina) e in esse studiò, lavorò, etc. non vi si integrò mai realmente. Egli rimase sempre legato al mondo dell'infanzia, alla tenuta del padre in Romagna dove nacque e crebbe felicemente nei primi anni della sua vita.
La campagna è il luogo dove risiedono i valori culturali  e morali, secondo Pascoli; è il luogo a cui ha sempre desiderato tornare. Non bisogna però pensare che in lui ci fu una polemica fra campagna e città, perché la città non venne mai toccata o considerata dalla sua poesia.
I lavori poetici che meglio racchiudono la poetica pascoliana sono le raccolte "Myricae" e i "Canti di Castelvecchio" (in Toscana, dove si ritirò a vivere).

Il fanciullino
La poesia per Pascoli è la capacità di stupirsi, che è tipica del mondo infantile-->ne consegue che la poesia non scaturisce dalla ragione, ma dalla purezza, dal candore che sono tipici dei bambini e che, inconsciamente, sopravvivono anche nell'uomo adulto, anche se non ce ne accorgiamo, perché siamo troppo presi da altre preoccupazioni, che ci distraggono e non ci permettono più di sentire quella voce di fanciullo che è dentro di noi.
E' compito del poeta scoprire e rivelare agli uomini l'ignoto mistero della vita--> ascoltando appunto la voce del fanciullo--> una voce intuitiva, irrazionale, spontanea.



Concezione della storia
Per Pascoli la storia non è rilevante: la poesia vive fuori dal tempo. Ciò significa che, pur essendo la componente autobiografica molto presente nella sua opera, i riferimenti non sono mai precisi o dettagliati, ma rimangono generali per dare un valore universale all'esperienza personale del poeta.



Il nido
La serenità familiare, gli affetti domestici,  creano quel "nido", quel luogo di protezione e sicurezza,  che Pascoli cercò sempre di ricostruire e dove si rifugiava, attraverso la memoria e il sogno.

La morte
E' il tema che permea praticamente tutta la sua poesia.

Il mistero della vita
Pascoli rifiutava il Positivismo perché non poteva dare spiegazioni agli uomini sul mistero della vita e, in più, tolse anche quella felicità, quella speranza che derivava dalla fede religiosa.
Il mondo, quindi, è un mistero in cui prevalgono il dolore, il male, la morte. Questo male, per Pascoli, non proviene dalla natura (come in Leopardi, ad esempio), ma dagli uomini stessi che il poeta invita alla fraternità.

Concezione della poesia e linguaggio
Per Pascoli la poesia è trascrizione immediata e ricca di emozioni, di suggestioni irrazionali colte nell'ambiente circostante--> per questo il poeta ha bisogno di un linguaggio nuovo, simbolico, che riveli ciò che è "sotto" la superficie e l'apparenza delle cose banali e quotidiane.


sabato 19 novembre 2016

VITA CALVINO IN BREVE

Italo Calvino nasce a Cuba nel 1923 dove i genitori, entrambi studiosi di botanica, si trovano per lavoro. Sempre per motivi di lavoro, nel 1925, la famiglia si trasferisce a Sanremo, dove Calvino trascorre un'infanzia e un'adolescenza serena.
Finito il liceo, si iscrive alla facoltà di Agraria di Torino, più per tradizione familiare che per vera passione.
Luzzati per Italo Calvino
Dopo l'8 Settembre 1943, interrompe l'università per sfuggire all'arruolamento forzato e si unisce ai partigiani della Brigata Garibaldi, con cui partecipa alla lotta anti-fascista nelle Alpi Marittime.
In questo contesto matura il suo primo vero romanzo, "Il Sentiero dei Nidi di Ragno" che sarà pubblicato nel 1947.
Alla fine della guerra aderisce al Partito Comunista e, nel 1947, si laurea in Lettere sempre a Torino con una tesi su Joseph Conrad.
Inizia poi una collaborazione con la casa editrice Einaudi che lo porta ad recarsi frequentemente a Roma dove entra in contatto con letterati e intellettuali del calibro di Natalia Ginzburg, Elio Vittorini e Norberto Bobbio.
Nel 1950 è colpito da un grande dolore: il suicidio di Cesare Pavese, conosciuto negli anni dell'università, lo getta nel rammarico di non aver saputo comprendere il dramma che l'amico stava vivendo.
Nel 1951 si reca in Unione Sovietica; da questo viaggio nasce una sorta di diario pubblicato col titolo di "Taccuino di viaggio nell’Unione Sovietica", da cui emerge un'immagine quantomeno parziale del paese, senza che Calvino evidenzi mai una critica o un aspetto negativo del regime di Stalin allora vigente.
Nel 1952 esce "Il Visconte Dimezzato".
Dal 1959 al 1966 fonda e dirige, insieme ad Elio Vittorini, la rivista "Menabò di Letteratura".
Nel 1956 scrive "Fiabe Italiane" e nel 1960 pubblica "Il Barone Rampante".
Nel 1964 dà alle stampe "Marcovaldo" e, sempre nello stesso anno, sposa a Cuba Esther Judith Singer, da cui avrà una figlia, Giovanna.
Nel 1967 si trasferisce con la famiglia a Parigi da dove continuerà a collaborare con case editrici e riviste italiane, e dove entra in contatto con gli ambienti artistici e culturali europei più all'avanguardia.
Escono nel 1972 "Le Città invisibili".
Nel 1979, sempre da Parigi, va in stampa "Se una notte d'inverno un viaggiatore".
Nel 1980 si trasferisce a Roma, dove scrive e pubblica i racconti intitolati "Palomar",
Il suo prestigio e la sua fama di letterato crescono sempre più in tutto il mondo, tanto, nel 1985, viene invitato a tenere un ciclo di conferenze presso le università americane di Cambridge e Harvard. 
Calvino prepara dunque le Lezioni Americane che però escono postume, nel 1988: lo scrittore, infatti, colpito improvvisamente da un ictus, muore a Siena nel Settembre del 1985.

Calvino nel suo studio 



mercoledì 16 novembre 2016

ANALISI SAN MARTINO GIOSUE' CARDUCCI

Parafrasi e analisi della poesia "San Martino" di Giosuè Carducci


La nebbia a gl'irti colli  
piovigginando sale
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo  
dal ribollir de' tini 
va l'aspro odor de i vini 
l'anime a rallegrar. 

Gira su' ceppi accesi  
lo spiedo scoppiettando: 
sta il cacciator fischiando  
su l'uscio a rimirar  

tra le rossastre nubi  
stormi d'uccelli neri, 
com'esuli pensieri,  
nel vespero migrar.  

Parafrasi
La nebbia, sciogliendosi in una lieve pioggerella, risale lungo le colline rese ispide dalle piante ormai spoglie e il mare, a causa del vento di maestrale, è bianco di spuma e fa rumore infrangendosi sugli scogli.
Ma, dal mosto che fermenta nelle botti, lungo le vie del piccolo paese si diffonde l'odore aspro del vino nuovo che rallegra i cuori.
Intanto la carne cuoce girando sullo spiedo, mentre il cacciatore se ne sta sulla soglia di casa a guardare gli stormi di uccelli che sembrano neri, in contrasto con le nuvole rosse, come quei pensieri che si vorrebbero mandare via nell'ora del tramonto.

Analisi 

Schema metrico
E' un'ode anacreontica--> 4 quartine di versi settenari che rimano ABBC DEEC FGGC HIIC


Figure retoriche
Personificazione= v. 4 "urla" del mare
Metonimia= v. 6 "ribollir de' tini" (non sono le botti che ribollono, ma il mosto che vi è all'interno)
Sinestesia= v. 7 "aspro odor"
Allitterazione= vv. 4-5-6-7 (tutta la seconda strofa) allitterazione della R (per-borgo-ribollir-aspro-odor-rallegrar)--> serve a evidenziare il senso di festa che si sta vivendo nel paese
Anastrofe= v. 9 "Gira...scoppiettando"
Similitudine= v. 15 "com'esuli pensieri"


Temi
La poesia celebra la giornata di San Martino, che si festeggia l'11 Novembre.
E' una giornata importante, nel mondo contadino, perché per tradizione è il momento in cui il mosto diventa vino e può essere imbottigliato.
Il "borgo" di cui Carducci parla è il suo paese natale, Bolgheri, nella Maremma toscana.
Apparentemente potrebbe essere quindi un racconto gioioso, quello che ci fa il Carducci, in realtà ci sono diverse immagini che trasmettono un senso di angoscia e di precarietà.
Intanto il paesaggio descritto è di tipo autunnale: la nebbiolina che diventa pioggia, le colline prive di vegetazione, l'odore del mosto che si spande nel paese, gli uccelli riuniti in stormo pronti a migrare.
Poi, fin dai primi versi della poesia, emerge il senso di una natura minacciosa: il mare in tempesta che si frange sugli scogli, il freddo vento di maestrale che lo spazza, la nebbia che avvolge le colline.
A far da contrasto a queste immagini poco serene vi è però la descrizione di un paese in festa: sia la seconda che la terza strofa sono ricche di immagini gioiose--> l'odore del mosto, il fuoco vivace (scoppiettando) che cuoce la carne, il cacciatore che fischietta sull'uscio.
La strofa finale riporta invece alcune note piuttosto cupe: nell'ora del tramonto, gli uccelli in volo appaiono neri e trasmettono il senso della precarietà della vita, del tempo che passa, della morte.
Alla luce di quanto detto si può parlare quindi di una struttura ad anello--> la prima e l'ultima strofa: presentano una natura minacciosa e immagini cupe, mentre le due strofe centrali fanno da contrasto a questa sensazione.

sabato 12 novembre 2016

RIASSUNTO LO SCIALLE NERO DI PIRANDELLO

La novella “Lo scialle nero” di Luigi Pirandello racconta la tragica vicenda di Eleonora Bandi, una quarantenne rimasta orfana in gioventù che ha rinunciato alla propria vita per badare al fratello più piccolo Giorgio. Con pochi soldi a disposizione, ma dando lezioni di canto e di pianoforte, Eleonora in qualche modo ha cresciuto il ragazzo ed è riuscita a pagare gli studi per farlo diventare avvocato.

Ora che Giorgio ha una professione avviata e i soldi non mancano più, Eleonora smette di dare lezioni e si circonda di quei piccoli lussi a cui aveva sempre dovuto rinunciare. Tra questi anche l'acquisto di un piccolo podere in campagna dove passare qualche tempo per svagarsi dalla solitudine che sente in città. Nel podere conosce Gerlando, il figlio del mezzadro, un ragazzo di diciannove anni un po' rozzo e ignorante, che lei cerca di aiutare negli studi.
Il ragazzo è svogliato, ma si reca volentieri a casa di Eleonora e un giorno, preso da un impeto, la seduce. Eleonora rimane incinta e non sa come fare a confessarlo al fratello. Le viene in aiuto il migliore amico di Giorgio, Carlo D'Andrea, che è medico e a cui lei confessa il fattaccio. Carlo dichiara di non poterla aiutare, ma racconta tutto al fratello.
A questo punto Giorgio impone ai due un matrimonio riparatore. Il mezzadro è contrario e Giorgio deve promettere una buona dote alla sorella affinché le nozze vengano celebrate.
Eleonora affronta la cerimonia piena di vergogna: né Giorgio né Carlo si presentano in Comune per il rito civile e le fanno da testimoni due contadini amici del mezzadro.
 Una volta a casa Eleonora e Gerlando stabiliscono di non dormire assieme e iniziano così una vita matrimoniale triste e senza amore.
Dopo poco tempo, anche a causa del suo peso eccessivo, Eleonora abortisce e Gerlando le rimane accanto per curarla, anche se da quello stato di prostrazione Eleonora non si riprenderà mai più.
Un giorno che si era seduta fuori dal podere, avvolta in uno scialle nero, viene nuovamente concupita dal giovane marito. La donna si ribella e si getta in un burrone.
Lo scialle nero, apertosi come un ventaglio, fluttua nell'aria mentre il suo corpo giace morto sul fondo.

giovedì 10 novembre 2016

AUTORI USCITI ALLA MATURITA' DAL 1978 A OGGI

1978
Ungaretti, Montale, Quasimodo
1979
Vita nazionale e vita regionale nella letteratura italiana dell’800 e del ‘900
1980
Romanticismo e Classicismo in Foscolo, Parini, Manzoni e Pellico.
1981
Autori di fine '800, primi '900 più influenti (scelta libera del candidato)
1982
Differenze Romanticismo e Decadentismo
1983
Leopardi (le illusioni)
1984
Autori che hanno trattato la guerra (a scelta del candidato)
1985
La donna nella letteratura romantica
1986
Poeti del '900 (scelta del candidato)
1987
Correnti letterarie dei primi 50 anni del '900
1988
La «condizione femminile» nella narrativa italiana degli ultimi cento anni
1989
Manzoni
1990
Pascoli
1991
Leopardi
1992
Corazzini, Palazzeschi, Moretti
1993
Pavese, Vittorini
1994
Manzoni
1995
Dante (Paradiso)
1996
Manzoni
1997
Leopardi, Montale
1998
Romanzo italiano dell'80
RIFORMA DELLA MATURITA'
1999
Ungaretti (I Fiumi)
2000
Saba (La ritirata in Piazza Aldrovandi a Bologna)
2001
Pavese (La luna e i falò)
2002
Quasimodo (Uomo del mio tempo)
2003
Pirandello (Il piacere dell'onestà)
2004
Montale (Casa sul mare)
2005
Dante (Canto XVII Paradiso - Cacciaguida)
2006
Ungaretti (L'Isola)
2007
Dante (Canto XI Paradiso – Tommaso d'Aquino)
2008
Montale (Ripenso il tuo sorriso)
2009
Svevo (La coscienza di Zeno)
2010
Primo Levi (La ricerca delle radici)
2011
Ungaretti (Lucca)
2012
Montale (Ammazzare il tempo)
2013
Claudio Magris (L'infinito viaggiare)
2014
Quasimodo (Ride la gazza, nera sugli aranci)
2015
Calvino (Il sentiero dei nidi di ragno)
2016
Umberto Eco (Le funzioni della letteratura)









STATISTICHE


  • 5 VOLTE      MANZONI  -  MONTALE - 
  • 4 VOLTE      UNGARETTI 
  • 3 VOLTE      DANTE  -  LEOPARDI -  QUASIMODO 
  • 2 VOLTE      PASCOLI  -  PAVESE 
  • 1 VOLTA     ECO - CALVINO -  CORAZZINI -  FOSCOLO -  MAGRIS -  MORETTI   PARINI -  PASCOLI- PALAZZESCHI - PIRANDELLO  - SABA -  SVEVO - VITTORINI 

martedì 8 novembre 2016

USO DI ENOUGH IN INGLESE

Enough  significa abbastanza e si usa sia con i sostantivi, con gli aggettivi, con i verbi e gli avverbi, ma in modi diversi.
Vediamo come:

  • Se c'è un sostantivo, enough va messo prima--->            I have enough money
  • Se c'è un verbo all'infinito, enough va messo prima--->  There isn't enough to drink
  • Se c'è un aggettivo , enough va messo dopo--->              I am rich enough
  • Se c'è un un avverbio enough va messo dopo--->           I can't run quickly enough


Ricapitolando: 

  • SI METTE PRIMA  CON  SOSTANTIVI E VERBI ALL'INFINITO
  • SI METTE DOPO  CON AGGETTIVI E AVVERBI


NOTA BENE

Enough + of non si usa mai (There isn't enough of bread) a meno che non ci sia un determiner
cioè un articolo, oppure un pronome

Esempio: ---> I have had enough of this film! (ne ho abbastanza di questo film)


Facendo qualche esercizio vi sarà più chiaro come usare questo costrutto.

1) Non ho abbastanza denaro--> enough money / money enough?

enough money (enough + sostantivo)

2) Penso tu non sia abbastanza grande per vedere questo film--> enough old / old enough?

old enough (enough + aggettivo)

3)Il tempo è abbastanza caldo per un picnic--> enough warm / warm enough?

warm enough (enough + aggettivo)

4)Jane non studia abbastanza duramente --> enough hard / hard enough?

hard enough (enough + avverbio)

5)L'acqua non è abbastanza calda --> enough hot / hot enough?

hot enough (enough + aggettivo)

6)Paolo è forte abbastanza per sollevare quella scatola --> enough strong / strong enough?

strong enough (enough + aggettivo)

7)Nella nostra città non ci sono abbastanza poliziotti --> enough policemen / policemen enough?

enough policemen (enough + sostantivo)

domenica 6 novembre 2016

RIASSUNTO OROGENESI HIMALAYANA

Orogenesi dell'Himalaya
La catena montuosa dell'Himalaya è composta da montagne cosiddette "giovani"  in quanto si sono formate in tempi relativamente recenti nella storia della Terra (cioè circa 100 milioni di anni fa).
La catena si estende per circa 2500 km di lunghezza in una serie di creste parallele anche dette pieghe.

La teoria sull'orogenesi himalayana iniziò a prendere forma nel 1912, quando il meteorologo tedesco Alfred Wegener sviluppò la sua teoria sulla deriva dei continenti--> secondo Wegener, la terra sarebbe composta da diverse piastre gigantesche (le placche tettoniche) sulle quali si trovano posati i continenti e gli oceani. Sempre secondo questa teoria, un tempo tutte le terre emerse formavano un unico continente chiamato Pangea, circondato da un unico grande oceano, la Panthalassa.

Nel Permiano Medio (circa 200 milioni di anni fa), la Pangea iniziò a separarsi in diverse masse di terra che si allontanarono gradualmente in direzioni diverse: l'India, ad esempio, si separò dall'Africa e dall'Australia e iniziò a spostarsi verso nord.  Il suo spostamento diede origine a quello che è oggi l'Oceano Indiano e andò a "chiudere" l'Oceano Tetide, che si estendeva proprio lungo la zona attualmente occupata dalla catena montuosa dell'Himalaya.
Il processo dell'orogenesi
La placca eurasiatica e il sub-continente indiano, quindi, si erano molto avvicinate l'una all'altra e iniziarono a scontrarsi.
Il ripetuto sfregamento fra queste gigantesche masse di terra portò al sollevamento del fondale dell'oceano Tetide in creste e valli longitudinali: così nacque la catena montuosa dell'Himalaya.
Naturalmente questo processo durò milioni di anni ed ebbe fasi diverse che portarono alla formazione dei vari strati di roccia che costituiscono le vette himalayane.
L'ultima fase importante avvenne circa 600.000 anni fa.
Sebbene oggi l'orogenesi possa dirsi conclusa, i movimenti che hanno portato al sollevamento della terra continuano, anche se ad un ritmo molto più lento: la placca indiana, infatti, continua a muoversi verso nord ad un ritmo di circa 2 cm all'anno e ne sono prova i recenti terremoti che hanno colpito i paesi vicini alla catena (Nepal e Tibet, soprattutto).
Ciò significa che l'Himalaya è una formazione ancora geologicamente attiva e strutturalmente instabile.
Catene montuose derivate dall'orogenesi alpina


venerdì 4 novembre 2016

ANALISI SI SON ANGOSTIOSO E PIEN DI DOGLIA GUIDO GUINIZZELLI

Sì sono angostioso e pien di doglia
e di molti sospiri e di rancura,
che non posso saver quel che mi voglia
e qual poss’esser mai la mia ventura.

Disnaturato son come la foglia
quand’è caduta de la sua verdura,
e tanto più che m’è secca la scoglia
e la radice de la sua natura:

sì ch’eo non credo mai poter gioire,
né convertir – la mia disconfortanza
in allegranza – di nessun conforto;

soletto come tortula voi’ gire,
solo partir – mia vita in disperanza,
per arroganza – di così gran torto.



Parafrasi
Sono così angosciato e pieno di dolore,
(pieno) di così tanti sospiri e di tormento
che non riesco a capire cosa voglio
e quale sarà il mio destino.

Mi sento senza vita come la foglia
quando cade a terra dal ramo
e a tal punto si è seccata la mia scorza e
le radici che mi tenevano legato all'esistenza

che non credo potrò mai più essere felice
ne' mi sarà possibile
trasformare questo dolore in allegria;

voglio andarmene via, solo come una tortora,
e isolarmi nella mia disperazione
per il grave torto che subisco.



ANALISI

Forma metrica
Sonetto (due quartine-due terzine) di 14 versi endecasillabi che rimano: ABAB ABABA CDE CDE.

Figure retoriche
Rime baciate numerose ( "doglia/rancura/disconfortanza/disperanza")--> il poeta vuole mettere in risalto la sua condizione dolorosa e disperata.
Anastrofi: vv. 1 e 5 "Si son angustioso/ Disnaturato son"
Similitudini: v. 5 "come la foglia" - v. 12 "come tortula"
Sineddoche: v. 6 "verdura" (il colore verde del ramo)
Allitterazioni: prima quartina--> allitterazione della S - seconda quartina--> allitterazione della R
Antitesi: vv. 10-11 "disconfortanza/conforto"
Rime interne: vv. 10 - 11 "convertir/allegranza" e vv. 13-14 "partir-arroganza"
Latinismi: v. 1 "doglia" (da dolia, dolore) - v. 12 "gire" (dal latino ire, con aggiunta di una g eufonica)
Provenzalismi: v. 3 "saver" -  vv. 10-11-13 "disconfortanza/allegranza/disparanza"


Divisione tematica
Prima quartina: descrizione dello stato d'animo del poeta
Seconda quartina: similitudine innamorato/foglia secca caduta dal ramo
Prima terzina: il poeta ribadisce il suo stato di immutabile dolore
Seconda terzina: desiderio di fuggire e isolarsi nel dolore

Commento
Al di là della divisione tematica delle diverse strofe, si può riconoscere un tema principale in questa poesia, cioè quello dell'amore doloroso. Il poeta ci illustra il suo stato d'animo per tutta la prima quartina: in una sorta di accumulo asindetico, il poeta sciorina il suo stato di angoscia, di dolore e di incertezza su ciò che sarà di lui e dei suoi sentimenti, per poi passare, nella seconda quartina, al paragone naturalistico della foglia secca che, appunto, perduta la sua linfa vitale, giace a terra morta. Così il poeta descrive dunque se' stesso, ormai privo di vita per il perduto amore (la sua linfa vitale, appunto), senza darci alcuna indicazione su chi sia l'oggetto del suo sentimento. Come spesso accade fra i poeti della corrente stilnovistica, infatti, la donna sembra quasi "smaterializzarsi" e scomparire a livello fisico per diventare invisibile causa di effetti visibilissimi e travolgenti in chi di lei è perdutamente innamorato.
Nell'ultima terzina troviamo anche il tema della fuga, non così frequente nella poesia stilnovistica, ma che anticipa il desiderio di estraniarsi dal mondo da cui sarà tormentato Petrarca.
In questo caso Guinizzelli vorrebbe essere come la tortora che (si credeva nel Medioevo), una volta perso il proprio compagno, rimane sola per tutta la vita.
A livello sintattico il verso è piano, senza forti cesure o interruzioni (non sono presenti enjambements, ad esempio). Il lessico non presenta parole oscure o troppo difficili, solo qualche termine di derivazione latina o provenzale.

giovedì 3 novembre 2016

RIASSUNTO PENSACI GIACOMINO

La novella "Pensaci Giacomino" scritta da Luigi Pirandello racconta le vicende di un professore di liceo, Agostino Toti, ormai anziano e prossimo alla pensione, che ha ricevuto una cospicua eredità da un lontano parente.
L'uomo, dopo una vita fatta di lavoro e sacrifici, ora si sente più tranquillo dal punto di vista economico e decide di sposare la giovane Maddalena, figlia del bidello della scuola, rimasta incinta dopo aver avuto una relazione con Giacomino Delisi, ex allievo del professore.

Per sollevarla dal disonore, Agostino Toti ha quindi accolto in casa la ragazza e preso come suo il bimbo che la donna ha avuto e che adesso è diventato per l'anziano uomo fonte di incredibile gioia. Per completare la sua felicità, il professore ha voluto aiutare anche Giacomino Delisi, intercedendo presso il direttore della banca del paese e facendogli ottenere un posto da impiegato.
Il professore è felice del bene che ha fatto per i due giovani e per il piccolo Mimì e nulla sembra poter turbare la sua gioia, nemmeno le chiacchiere maligne della gente quando lo vedono a passeggio col bambino.

Un giorno, però, Maddalena si aggira per casa con gli occhi rossi di pianto, non vuole parlare e prega il marito di essere lasciata in pace. L'uomo capisce che qualcosa non va e decide di andare a parlare con Giacomino che da qualche giorno non è andato più a trovarli a casa.
Arrivato a casa Delisi, il professore deve prima riuscire a farsi aprire dall'arcigna sorella di Giacomino, contraria a quella strana situazione che ritiene disonorevole per il fratello, e poi affrontare il giovane, che non vuole parlare, ma che, dopo qualche insistenza, confessa di essersi fidanzato con una ragazza onesta e di buona famiglia.

Il professore è sconvolto: il suo sogno di dare una famiglia a Maddalena e al piccolo Mimì sembra andare in fumo. Inizialmente cerca con le buone di convincere Giacomino a ripensarci, a non lasciare quel piccolo bambino senza un papà. Poi, vista la fermezza del giovane, arriva a minacciarlo di fargli perdere il posto in banca, se ciò potrà impedire il matrimonio con la nuova fidanzata.
La novella si chiude con il professore sulla porta di casa, mentre si volta ancora una volta a guardare quel ragazzo per cui ha fatto tanto e che rischia ora di perdere tutto per un capriccio: "Pensaci Giacomino!" sono le sue ultime parole, che valgono da consiglio, da monito e da minaccia.


martedì 1 novembre 2016

TRAMA LA VITA SEGRETA DELLE API

Il romanzo "La vita segreta delle api" è ambientato in America nei primi anni '60, al tempo della lotta per i diritti civili dei neri, e racconta la storia di Lily Owens, una quattordicenne che vive insieme a suo padre, T. Ray in una fattoria dove si coltivano pesche.
Lily è tormentata dal ricordo di un qualcosa avvenuto tanti anni prima: un litigio violento tra il padre e la madre Deborah, una pistola, un colpo d'arma da fuoco e la morte della madre.
Lily è convinta di essere lei la responsabile di quanto avvenuto ed è ossessionata dalla ricerca della verità.
Il padre è sempre stato poco affettuoso con lei, per non dire crudele, e l''unica persona che ha saputo accudirla e darle amore è stata la governante di colore Rosaleen Daise..
Un giorno Rosaleen decide di registrarsi per votare alle elezioni presidenziali e Lily la accompagna in città, dove però Rosaleen viene insultata da alcuni uomini bianchi. In seguito al diverbio che ne nasce sia Lily che Rosaleen vengono portate in prigione.
T.Ray si arrabbia moltissimo con Lily e, mentre litigano, le rivela che tanti anni prima la madre l'aveva abbandonata andandosene di casa. Lily è molto turbata da questa notizia e, approfittando dell'assenza del padre, decide di scappare.
Lily riesce a liberare Rosaleen e le due si dirigono a Tilburon, nel Sud Carolina, perché Lily ha trovato il nome di quella città scritto sul retro di una fotografia, appartenuta alla madre, che ritrae una Madonna nera.
Arrivate a Tilburon, Lily trova la raffigurazione di quella stessa Madonna sull'etichetta di un barattolo di marmellata e scopre che a produrla sono tre sorelle di colore di nome Boatrights.
Lily e Rosaleen si presentano a casa Boatrights e vengono ben accolte da August, May e June, che hanno da anni un avviato allevamento di api. Qui conoscono anche Neil, il fidanzato di June, che vorrebbe sposarla, ma da cui viene sempre respinto.
Rosaleen e Lily hanno trovato un posto dove stare:  Rosaleen si occupa di May, la più fragile delle tre donne, profondamente segnata dal suicidio della sua gemella April, mentre Lily aiuta August nell'allevamento di api e instaura una bella amicizia con Zach, un ragazzino di colore che aiuta nella fattoria. 

Un giorno Lily entra in cucina e vede May fare qualcosa che, ricorda, faceva anche sua madre. Parlando con May, Lily scopre che le due donne si conoscevano. A questo punto Lily decide di affrontare August e raccontarle tutto, ma prima accompagna Zach in città per alcuni acquisti. Qui il ragazzo viene ingiustamente accusato di aver lanciato una bottiglia e viene arrestato. Tornata a casa Boatrights, racconta l'accaduto, con l'accortezza di non farlo sapere a May che ne soffrirebbe troppo. May, però viene comunque a saperlo e si uccide gettandosi nel fiume lì vicino.
I giorni seguenti sono carichi di dolore per le donne di casa Boatrights, ma anche ricchi di
avvenimenti: Zach viene rilasciato grazie alle parole di un testimone Neil e June fissano la data del matrimonio e infine Lily e Zach si baciano con la promessa di rimanere insieme per sempre.  

Dopo che il funerale è terminato, Lily vuole raccontare ad August la vera ragione per cui si trova lì, ma scopre con sorpresa che August sa già tutto, avendo lavorato come tata e governante per la famiglia di sua madre Deborah.
August racconta del matrimonio dei suoi genitori e di come la madre, dopo averla partorita, abbia sofferto di una depressione che l'aveva spinta ad andarsene di casa e a fermarsi qualche tempo a casa Boatrights.  August rivela anche che la madre voleva divorziare e che si stava organizzando per andare a riprendere la piccola Lily. Lily allora racconta quanto accaduto anni prima: l'aver ucciso la madre, seppur involontariamente, fa di lei una creatura orribile. August la consola, dicendole di provare a perdonare Deborah per non essere stata una madre perfetta e soprattutto di perdonare se stessa per aver compiuto quel gesto senza consapevolezza.
Nei giorni seguenti Lily prova una grande rabbia per essere stata abbandonata dalla madre, ma poi ripensa alle parole di August e capisce che Deborah l'amava davvero e che era tornata a casa per riprendersela.
Intanto T.Ray ha rintracciato la figlia e si presenta a casa Boatrights per portarla via. I due hanno un terribile litigio, T.Ray sta per picchiarla ma si rende conto che tutta la sua rabbia verso la figlia è ingiustificata: è un uomo che ancora soffre per l'abbandono della moglie e si fa convincere da August a lasciare Lily presso di loro. Prima che il padre se ne vada Lily gli chiede se è davvero stata lei ad uccidere la madre, e lui dice di sì, ma che non era stata sua intenzione farlo davvero.
Inizia l'autunno e Lily va a scuola insieme a Zach sentendo di essere cresciuta molto attraverso tutte queste esperienze e di essere diventata più sicura di sé.